Veronica Franco. Una letterata e cortigiana nella Venezia del Rinascimento. Le Rime.

RISPOSTA DELLA SIGNORA VERONICA FRANCA A MESSER MARCO VENIERO
S’esser del vostro amor potessi certa
per quel che mostran le parole e ‘l volto,
che spesso tengon varia alma coperta;
se quel che tien la mente in sé raccolto
mostrasson le vestigie esterne in guisa
ch’altri non fosse spesso in frode còlto,
quella téma da me fora divisa,
di cui quando perciò m’assicurassi,
semplice e sciocca, ne sarei derisa:
“a un luogo stesso per molte vie vassi”,
dice il proverbio; né sicuro è punto
rivolger dietro a l’apparenzie i passi.
Dal battuto camin non sia disgiunto
chiunque cerca gir a buona stanza,
pria che sia da la notte sopragiunto.
Non è dritto il sentier de la speranza,
che spesse volte, e le più volte, falle
con falsi detti e con finta sembianza;
quello della certezza è destro calle,
che sempre mena a riposato albergo,
e rifugio ha dal lato e da le spalle:
a questo gli occhi del mio pensier ergo,
e da parole e da vezzi delusa,
tutti i lor vani indizi lascio a tergo.
Questa con voi sia legitima scusa,
con la qual di non credere a parole,
né ai vostri gesti, fuori esca d’accusa.
E se invero m’amate, assai mi duole
che con effetti non vi discopriate,
come chi veramente ama far suole:
mi duol che da l’un canto voi patiate
e da l’altro il desio, c’ho d’esser grata
al vostro vero amor, m’interrompiate.
Poi ch’io non crederò d’esser amata,
né ‘l debbo creder, né ricompensarvi
per l’arra che fin qui m’avete data,
dagli effetti, signor, fate stimarvi:
con questi in prova venite, s’anch’io
il mio amor con effetti ho da mostrarvi;
ma s’avete di favole desio,
mentre anderete voi favoleggiando,
favoloso sarà l’accento mio;
e di favole stanco e sazio, quando
l’amor mi mostrerete con effetto,
non men del mio v’andrò certificando.
Aperto il cor vi mostrerò nel petto,
allor che ‘l vostro non mi celerete,
e sarà di piacervi il mio diletto;
e s’a Febo sì grata mi tenete
per lo compor, ne l’opere amorose
grata a Venere più mi troverete.
Certe proprietati in me nascose
vi scovrirò d’infinita dolcezza,
che prosa o verso altrui mai non espose,
con questo, che mi diate la certezza
del vostro amor con altro che con lodi,
ch’esser da tai delusa io sono avezza:
più mi giovi con fatti, e men mi lodi,
e, dov’è in ciò la vostra cortesia
soverchia, si comparta in altri modi.
Vi par che buono il mio discorso sia,
o ch’io m’inganni pur per aventura,
non bene esperta de la dritta via?
Signor, l’esser beffato è cosa dura,
massime ne l’amor; e chi nol crede,
ei stesso la ragion metta in figura.
Io son per caminar col vostro piede,
ed amerovvi indubitatamente,
sì com’al vostro merito richiede.
Se foco avrete in sen d’amor cocente,
io ‘l sentirò, perch’accostata a voi
d’ardermi il cor egli sarà possente:
non si pònno schivar i colpi suoi,
e chi si sente amato da dovero
convien l’amante suo ridamar poi;
ma ‘l dimostrar il bianco per lo nero
è un certo non so che, che spiace a tutti,
a quei ch’anco han giudicio non intiero.
Dunque da voi mi sian mostrati i frutti
del portatomi amor, chè de le fronde
dal piacer sono i vani uomini indutti.
Ben per quanto or da me vi si risponde,
avara non vorrei che mi stimaste,
chè tal vizio nel sen non mi s’asconde;
ma piaceriami che di me pensaste
che nel l’amar le mie voglie cortesi
si studian d’esser caute, se non caste:
né così tosto d’alcun uom compresi
che fosse valorose e che m’amasse,
che ‘l cambio con usura ancora gli resi.
Ma chi per questo poi s’argomentasse
Di volermi ingannar, beffa se stesso;
e tale il potria dir, chi ‘l domandasse.
E però quel che da voi cerco adesso
non è che con argento over con oro
Il vostro amor voi mi facciate espresso:
perché si disconvien troppo al decoro
di chi non sia più che venal far patto
con uom gentile per trarne anco un tesoro. Di mia profession non è tal atto;
ma ben fuor di parole, io ‘l dico chiaro,
voglio veder il vostro amor in fatto.
Voi ben sapete quel che m’è più caro:
seguite in ciò com’io v’ho detto ancora,
chè mi sarete amante unico e raro.
De le virtuti il mio cor s’innamora,
e voi, che possedete di lor tanto,
ch’ogni più bel saver con voi dimora,
non mi negate l’opra vostra intanto,
chè con tal mezzo vi vegga bramoso
d’acquistar meco d’amador il vanto:
siate in ciò diligente e studioso,
e per gradirmi ne la mia richiesta
non sia ‘l gentil vostro ozio unqua ozioso.
A voi poca fatica sarà questa,
perch’al vostro valor ciascuna impresa,
per difficil che sia, facil vi resta.
E se sì picciol carico vi pesa,
pensate ch’alto vola il ferro e ‘l sasso,
che sia sospinto da la fiamma accesa:
quel che la sua natura inchina al basso,
più che con altro, col furor del foco
rivolge in su dal centro al cerchio il passo;
onde non ha ‘l mio amor dentro a voi loco,
poi ch’ei non ha virtù di farvi fare
quel ch’anco senza’amor vi sarìa poco.
E poi da me volete farvi amare?
Quasi credendo che, così d’un salto,
di voi mi debba a un tratto innamorare?
Per questo non mi glorio e non m’essalto;
ma, per contarvi il ver, volar senz’ale
vorreste, e in un momento andar troppo alto:
a la possa il desir abbiate eguale,
benché potreste agevolmente alzarvi
dov’altri con fatica ancor non sale.
Io bramo aver cagion vera d’amarvi,
e questa ne l’arbitrio vostra è posta,
sì che in ciò non potete lamentarvi.
Dal merto la mercè non fia discosta,
se mi darete quel che, benchè vaglia
al mio giudicio assai, nulla a voi costa:
questo farà che voli e non pur saglia
il vostro premio meco a quell’altezza,
che la speranza col desire agguaglia. E qual ella si sia, la mia bellezza,
quella che di lodar non sète stanco,
spenderò poscia in vostra contentezza:
dolcemente congiunta al vostro fianco,
le delizie d’amor farò gustarvi,
quand’egli è ben appreso al lato manco;
e ‘n ciò potrei tal diletto recarvi,
che chiamar vi potreste per contento,
e d’avvantaggio appresso innamorarvi.
Così dolce e gustevole divento,
quando mi trovo con persona in letto,
da cui amata e gradita mi sento,
che quel mio piacer vince ogni diletto,
sì che quel, che strettissimo parea,
nodo de l’altrui amor divien più stretto.
Febo, che serve a l’amorosa dea,
e in dolce guiderdon da lei ottiene
quel che via più che l’esser dio li bea,
a rivelar nel mio pensier ne viene
quei modi che con lui Venere adopra,
mentre in soavi abbracciamenti il tiene;
ond’io instrutta a questi so dar opra
sì ben nel letto, che d’Apollo a l’arte
questa ne va d’assai spazio di sopra,
e ‘l mio cantar e ‘l mio scriver in carte
s’oblìa da chi mi prova in quella guisa,
ch’à suoi seguaci Venere comparte.
S’avete del mio amor l’alma conquisa,
procurate d’avermi in dolce modo,
via più che la mia penna non divisa.
Il valor vostro è quel tenace nodo
che me vi può tirar nel grembo, unita
via più ch’affisso in fermo legno chiodo:
farvi signor vi può de la mia vita,
che tanto amar mostrate, la virtute,
che ‘n voi per gran miracolo s’addita.
Fate che sian da me di lei vedute
quell’opre ch’io desìo, chè poi saranno
le mie dolcezze a pien da voi godute;
e le vostre da me si goderanno
per quello ch’un amor mutuo comporte,
dove i diletti senza noia s’hanno.
Aver cagion d’amarvi io bramo forte:
prendete quel partito che vi piace,
poi che in vostro voler tutta è la sorte.
Altro non voglio dir: restate in pace.

25 commenti su “Veronica Franco. Una letterata e cortigiana nella Venezia del Rinascimento. Le Rime.

  1. Gran donna Veronica dotata di una intelligenza che ne superava la bellezza: credo che la sua unicità sia stata quella di ritenersi, in pieno 500, a tutti gli effetti pari o superiore agli uomini del suo tempo,uomini che sfruttò anche per riuscire ad entrare nel circolo letterario più famoso di venezia…lei nata volgare prostituta. Il suo elegantissimo verseggiare è una perla rara per altro attualissima. ciao marco V.

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    • Cara la mia Viki, Veronica fu una grande donna e una grande poetessa; e come hai ben detto al quanto attuale. La sua condizione sociale non è il frutto di una realtà stereotipata di una determinata epoca. Per quanto ci si riempia la bocca con le lotte di genere et alii, la condizione della donna non è per nulla paritaria. Gli esempi abbondano. A proposito, quante volte il pettegolezzo intorno ad una donna, che ce l’ha fatta si formi intorno al “chissà a chi l’ha data” o altre amenità abominevoli del genere. Pertanto la povera Veronica, la poetessa Veronica ha dovuto per forza di cose assecondare gli obblighi familiari e il comun sentire. Io preferisco vederla come una gioiosa ragazza con una testa ed un animo strabordanti. Un abbraccione. Ciao. Marco

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      • condivido Marco quasi tutto solo penso che veronica, dotata di prodigiosa intelligenza e assolutamente avanti rispetto ai suoi tempi abbia sapientemente usato quei doni elargiti da madre natura a piene mani, compresa la resistenza ad ogni avversità. ricambio l’abbraccio V.

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