Veronica Gambara. Una Gentildonna del XVI secolo.

Con quel caldo desio che nasce suole
nel petto di chi torna, amando, assente
gli occhi vaghi a vedere, e le parole
dolci ad udir del suo bel foco ardente,
con quel proprio voi, piagge al mondo sole,
fresch’acque, ameni colli, e te, possente
più d’altra che ‘l sol miri andando intorno,
bella e lieta cittade, a veder torno.

Salve, mia cara patria, e tu, felice,
tanto amato dal ciel, ricco paese,
che a guisa di leggiadra alma fenice,
mostri l’alto valor chiaro e palese;
Natura, a te sol madre e pia nutrice,
ha fatto a gli altri mille gravi offese,
spogliandoli di quanto avean di buono
per farne a te cortese e largo dono.

Non tigri, non lioni e non serpenti
Nascono in te, nemici a l’uman seme,
non erbe venenose, a dar possenti
l’acerba morte, allor che men si teme;
ma mansuete greggie e lieti armenti
scherzar si veggon per li campi insieme,
pieni d’erbe gentili e vaghi fiori,
spargendo graziosi e cari odori.

Ma, perché a dir di voi, lochi beati,
ogn’alto stil sarebbe roco e basso,
il carco d’onorarvi a più pregiati,
Sublimi ingegni e gloriosi lasso.
Da me sarete col pensier lodati
e con l’anima sempre, e ad ogni passo
con la memoria vostra in mezzo il cuore,
quanto sia il mio poter, farovvi onore.

 

Salve, Mia Cara Patria, XVI secolo.

 

 

20 commenti su “Veronica Gambara. Una Gentildonna del XVI secolo.

  1. Che bello leggere versi di siffatto tenore. Grazie caro Marco. E bravo per averli postati. Troppo spesso ci dimentichiamo di poetesse che lontano nel tempo, colte e raffinate, sapevano parlare dei propri sentimenti con espressività e garbo. Un bacione mio caro. Isabella

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  2. Come siamo caduti in basso e quanta grazia hanno smarrito le donne di oggi. Basterebbe solo il 20% di questa grazia per essere amate e riverite donne senza che sbraitino con ragli i loro diritti politici.

    Donne simili in politica (anche nelle contrade) non esitono piu in Italia; perlomeno non ne conosco alcuna. Sembra finta invera tanta grazia e che ascoltarla impedirebbe guerre e risse

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    • Non condivido il commento, piuttosto assolutista e ingeneroso, soprattutto nei confronti di tutte le donne, e sono moltissime, che mandano avanti il carrozzone italiano, in tutte le sue diverse sfaccettature, dalla politica alla vita di ogni giorno. Inoltre, non credo che le donne difettino di grazia, ma di potersi esprimersi al meglio nei luoghi e nei posti ancora loro preclusi. Non è di poco tempo la nomina – prima volta nella storia italiana – di una donna sul più alto scranno del Senato, mentre negli altri paesi europei da anni le stesse ricoprono ruoli di premierato. E che dire delle assurde differenze salariali o livellari? E sono solo esempi tra i moltissimi. Comunque, grazie per il commento e alla prossima.

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      • Mia cara

        Che concorre all’imbruttimento delle donne moderne sono stati molti i fattori a determinarlo. Io sono stato a cavallo di almeno tre generazioni di donne e ti posso garantire che le mie nonne, pur faticando nella miseria avevano una dignità che solo attraverso l’amore riuscivano a far tacere gli uomini abbruttiti dalle guerre. L’industrializzazione ha contribuito molto l’imbarbarimento delle donne e quelle che nascono nella barbaria non possono accorgersi a che punto sono arrivate nella bruttezza personale, perché non hanno conosciuto chi le ha precedute prima, all’arrivo del Fascismo. (leggere il manifesto futurista per capire le mie parole).

        Il Rispetto degli uomini verso le loro spose era religioso. Basta rileggere le poetesse che avete pubblicato per capire che le “Ma-donne” erano madri e protettrici delle donne nelle loro contrade o ghetti, e, attraverso il proprio comportamento divulgavano il rispetto da seguire e non da perseguire.

        Oggi basta un occhiata per squalificarvi; basta un chilo o un anno in di troppo, una piccola ruga, un alterigia , un discorso sessista conflittuale per farvi perdere ogni ben che minima considerazione. Ciò è dovuto al modello sociale che abbiamo e avete sposato che è quello “capitalista” concorrenziale, sistema che vi ha fatto finire in un pozzo sconsiderato senza fine, dove la sterilità è diventata una virtù sessista atta alla masturbazione e che chiamiamo e chiamate ancora amore. Ma del frutto della copula siamo diventati incapaci di portare a termine la cambiale ventennale o trentennale che sono i nostri figli, perché il capitalismo li contempla un lusso da tassare e da punire o peggio, da sfruttare una volta adulti espropriandoceli.
        Nel loro modello concorrenziale vi hanno modificato il linguaggio e il costume sociale e non ve ne siete accorte, scaricando il vostro fallimento sul partner quando invece è vizioso e sbagliato il “Sistema” Capitale.

        Non vado oltre…

        Nelle poesie delle donne in Rete e nei Social; intendo le poesie spontanee e non quelle studiate per gli effetti speciali o intortate di culturalismo di classe o sessismo porno, si denota una fortissima domanda d’affetto che tarda a venire, un affetto negato, una affetto rubato , un affetto mancato, un affetto tradito., un affetto cacciato.

        ciao

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      • Beh… vedo che rimaniamo sulle nostre posizioni. Il bello della libertà di opinione consiste, direi soprattutto, nel rispettoso ascolto dell’altrui pensiero. Comunque, grazie per il commento, letto con attenzione. Infine, mi chiamo Marco. Ciao, alla prossima

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    • Non era difficile assaporare la tua inclinazione romantica dai tuoi componimenti. Non mi stupisce affatto la vicinanza che hai con Isabella, anzi. Mi stupirebbe il contrario. Mi auguro di tutto il cuore che non tu viva sotto il peso della violenza dei fratelli, magari segregata in casa per volontà loro, come purtroppo visse la povera Isabella. Però, faccio fatica vederti in questo topos. No, decisamente improponibile. A parte gli scherzi, grazie di aver commentato. Come avrai capito, sono ben felice di leggere i tuoi commenti, per fortuna sempre positivi. Un abbraccio sempre grande. Marco

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      • marco la mia vicinanaza a Isabella nasce dalla conoscenza dettagliata che ho della Basilicata fin da ragazzina Valsinni con il suo castello e le leggende fiorite intorno alla morte di isabella- una per tutte l’olivo pluricenetario che si racconta nato dal suo sangue- mi affascinano da sempre poi c’è la sua poesia dove non troviamo il mondo stereotipato, stucchevole e convenzionale delle Corti, ma il vento che soffia tra le rocce intorno al castello di Valsinni e il rumoreggiar del fiume Siri-l’attuale Sinni- l’urlo dei rapaci notturni e il frusciar del vento tra i boschi, insieme al dramma della sua solitudine, in altri termini tutta la realtà di una contrada che, emblema della provincia meridionale così drammaticamente isolata ed emarginata, fu un tutt’uno col pianto di Isabella, in una dimensione che non è più individuale, ma suggestivamente geografica e sociale. se si visita il castello dove visse Isabella, perfettamente restaurato, la si ritrova viva come non mai…un bacione Marco

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      • Ciao Viki, sono sempre più convinto di essere nella ragione quando vedo in te una decisa inclinazione romantica, intendendola peraltro, nella sua accezione più nobile del termine. Basta leggere la tua risposta. Difficile non notarlo. D’altra parte, nei tuoi componimenti e nei tuoi scritti affermi che “il mondo comincia a cantare, se solo trovi la parola magica” (Joseph Eichendorff). Ricambio con gioia il bacione. Marco.

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