Il Ritmo bellunese. I primi passi del volgare nella poesia italiana.

Il Ritmo bellunese è uno dei primi componimenti della letteratura italiana volgare, scritto tra il 1193 e il 1196. Quest’anima dell’espressione poetica è costituita da quattro decasillabi epici, inseriti in una cronaca in latino. La mano che ha scritto il componimento, di aspetto arioso e quasi solenne – e che è stata attribuita ad un amanuense della Certosa di Vedana (Bl), nel comune di Sospirolo, in località Masiere – non è dato sapere.
Di certo, il nostro scrittore, chiunque egli sia stato, evidenzia un uso consapevole del volgare e tale scelta è stata forse motivata dall’esigenza di rivolgersi anche alle persone più semplici, volendo, con ciò, amplificare, il più possibile, l’eco della vittoria bellunese sui Trevigiani. Una sorta di accenno di letteratura di propaganda.
Il testo originario è andato smarrito. Per fortuna – e per magra consolazione – il testo fu copiato nel XVI secolo e ci è pervenuto in due diverse versioni, anche se presentano, per quanto lievi, delle variazioni.
Da una parte, l’erudito Giorgio Piloni (Historia, Venezia, 1607), dall’altra, Giovanni Maria Barzelloni (testo pubblicato da Vincenzo Crescini il 4 settembre 1577).
Tra le diversità, la data di redazione del Ritmo. Il Piloni la collocherebbe al 1196, mentre il secondo la anticiperebbe al 1193. Un’altra variazione importante riguarda la forma tramandata dalla tradizione, che la ricerca glottologica e filologica sulla linguistica del tempo hanno corretto in parte.
Le vicende narrate raccontano della distruzione del Castel d’Ardo – avamposto trevigiano nei pressi di Trichiana – Comune al centro della Valbelluna.
Sul finire del XII° secolo, nel corso di una delle battaglie combattute dai Bellunesi e dai Feltrini, capeggiati dal vescovo Gerardo de Taccoli, contro i Trevigiani per i possedimenti del castello di Zumelle e del suo contado, il castello di Casteldardo venne distrutto.
Qui sotto si riporta il testo come riportato dal Barzelloni.
“Anno domini Jhesu Christi millesimo centesimo nonagesimo tercio.
Indictione xj. Die viiis intrante mense aprili. Prudentissimi milites et pedites Bellunenses et Feltrenses Castrum Mirabelli maxima vi occupaverunt. Illud vero infra octo dies combusserunt. Atque in ominibus edifficiciis ipsum destruxerunt . Item eodem mense Clusas Queri ceperunt et destruxerunt et. Lxvj. Inter milites et pedites ac arcatores secum in vinculis duxerunt.
Et predam valentem duo millia librarum habuerunt. Alios interfecerunt et alios graviter vulneraverunt . Item eodem anno Castrum Landredi ceperunt . Ibi vero plures homines interfecerunt et. Xxvj. Inter milites et pedites atque arcatores seum in vinculis duxerunt, et totum Castrum combusserunt et funtditus destruxerunt.

De castel dard avi li nostri bona part;
j lo getà tutto intro lo flumo d’Ard
e sex Cavaler de Travis li plui fer
con se duse li nostre Cavaler.

(Di Castel d’Ardo ebbero i nostri buon partito, lo gettarono tutto dentro il fiume d’Ardo; e sei cavalieri di Treviso, i più fieri, i nostri cavalieri condussero con sé).

Praetera Domum Bauce vi occupaverunt et eam destruxerunt et xviij latrones inde secum duxerunt.
Postea anno Domini 1196. Indictione 14, die vj, exeunte mense junii dicti milites et pedites Bellunenses et Feltrenenses ad castrum Zumellarum iverunt. Illud autem magna vi in vii dies ceperunt et combusserunt atque in omnibus edificiis destruxerunt. Et cum maxima letitia domibus redierunt. Et hoc totum fuit factum fere sub Nobilissimo et prudentissimo domino Gerardo Bellunensi

9 commenti su “Il Ritmo bellunese. I primi passi del volgare nella poesia italiana.

  1. Come: “Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki kontene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti” del 963 a Capua.

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  2. Senza nulla togliere al Placito capuano ( e all’Indovinello veronese), il Ritmo bellunese (e Feltrino) è il primo testo poetico in volgare conosciuto (1193): l’inizio di una letteratura in volgare vera e propria.Precede di diverse decine di anni Francesco d’Assisi e la Scuola poetica siciliana.

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  3. M’imbatto spesso negli archivi nel duello linguistico tra il latino e il volgare, di fatto un progressivo trapasso tra la lingua aulica scritta e quella viva del parlato. Anche oggi le lingue cambiano e testimoniano la vivacità delle relazioni umane.

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